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UTOPIE E VALUTAZIONE DELL’IMPATTO UMANO

Gen 22

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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Utopie e valutazione dell’impatto umano

di Alessandro Bianchi

Prendendo spunto dal contributo di Carlo Mazzucchelli in https://www.linkedin.com/posts/carlomazzucchelli_2021-utopia-come-esercizio-di-pensiero-activity-6750776043088441344-RkyE e dal dibattito che ne è seguito provo a delineare 3 leggi dell’utopia (più precisamente delle azioni utopiche) in chiave post-Covid. Richiamano non a caso le 3 leggi della robotica citate sempre da Mazzucchelli in un articolo precedente. Si accettano precisazioni e miglioramenti.

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1.     Le utopie sono dirette a un miglioramento per tutti; non personale o di gruppi di interesse. Non possono quindi tradursi in un danno per altri, vicini o lontani. L’utopia non è sovranista.

2.     Le utopie debbono essere generative di un cambiamento; non immaginano ritorni a equilibri precedenti, ma prefigurano azioni concrete per creare un futuro diverso, purché non in contrasto con la legge 1.

3.     Le utopie sollecitano comportamenti personali; anche individuali purché non in contrasto con le leggi 1 e 2. Non sono generative di cambiamento utopie altrui alle quali non si possa contribuire con azioni personali. L’utopia è responsabilità assunta, non delega, non “armiamoci e partite”.

L’utopia è anche trasversale e può interessare tutti i settori dell’attività umana. Mazzucchelli ne delinea alcuni (settimana lavorativa breve, più uguaglianza, giusta redistribuzione del reddito e modelli di sviluppo sostenibili), che implicitamente, se ben intendo, comportano l’affermazione del  valore del lavoro (e più in generale delle azioni umane) come bene comune e non solo profitto individuale. Una bella utopia in tempo di neo liberismo così lontano dagli slogan da alcuni lanciati un tempo (“Lavorare meno, lavorare tutti!”).

Non essendo un economista delineo da psicologo un ambito per l’utopia: la salute. Dietro a questa scelta vi è un medesimo giudizio di valore: anche la salute è un bene comune da salvaguardare (e forse anche redistribuire); un bene collettivo che grava su ognuno. Grava non solo in termini di costi sul sistema sanitario (sostenuto da tutti) ma di costi umani. Non siamo monadi, viviamo in una rete (fatta di parenti, amici, conoscenti e sconosciuti), sulla quale la sofferenza impatta e nella quale si diffonde. La salute è un bonus che abbiamo in dotazione dall’inizio della nostra esistenza. La responsabilità di non dissiparlo è personale e collettiva.

Un’utopia post Covid 2021 potrebbe essere quindi il redistribuirla equamente; ma detto così non ho ancora centrato il mio pensiero, mi ci sono solo avvicinato.

La salute, lo dice anche l’Organizzazione mondiale della sanità,  non è semplice assenza di malattia. Questa assenza è provvisoria, facendo i debiti scongiuri qualcosa prima o poi ci becchiamo, è anche (questo lo dico io) e soprattutto la capacità di non produrre malattia (il minimo necessario) e di affrontarla quando si manifesta.

Anche la salute non è un bene (solo) personale ma collettivo. Il Covid una cosa buona l’ha fatta sbattendoci in faccia la nostra interdipendenza anche per la salute. Abbiamo scoperto che chi sta male lontano ci tocca in realtà da vicino. Non sarebbe stato necessario il Covid per capirlo, se non coltivassimo pervicacemente la nostra tendenza all’arroccamento; sufficienti sarebbero state le croniche testimonianze di dolore che anonimi barconi continuano a traghettare sulle nostre coste. Sofferenza e salute possono essere solo illusoriamente confinati in un luogo. Anche del pensiero: posso anche essere resistente al Covid e beccarmelo senza produrre sintomi, che è una buona cosa, ma rimango un pericolo per i vicini meno resistenti. Non posso tenere stretta la mia salute, considerarla di mia proprietà, perché diventerebbe presto malattia, debbo ridistribuirla attorno con comportamenti adeguati.

A meglio vedere quella che così ridistribuisco è la resilienza. La intendo come capacità di sostenere lo stress (i tanti stress) senza ammalarsi.

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L’emergenza Covid ha consumato resilienza senza dubbio.

Ha determinato paura e preoccupazioni economiche generando stress nel 61% della popolazione, secondo una ricerca (Open Evidence 2020) che ha interessato Italia, Spagna, Inghilterra; senza contare lo stress specifico molto maggiore di chi è stato direttamente esposto al Covid (malati, familiari, operatori). Ma come tutte le sciagure, che tendono invariabilmente a piovere sul bagnato, ha colpito soprattutto dove la resilienza già era minore, nei cosiddetti soggetti fragili per altre patologie e condizione sociale (in povertà ci si ammala di più, altra legge invariabile).

Così come ogni prodotto commerciale ha un impatto ambientale, inteso come costo energetico e consumo del pianeta, ogni azione ha anche un impatto umano, un costo di resilienza.

La resilienza alle malattie, Covid incluso, è minata da più fattori. David Lazzari, presidente nazionale dell’Ordine degli psicologi, nell’articolo, “Promuovere la resilienza della popolazione italiana contro SARS-CoV-2” (su PNEI Review 1, 2020) ne elenca alcuni:

  • inquinamento
  • alimentazione
  • attività fisica
  • stress

Mi soffermo, come lui, sull’ultimo fattore perché lo stress è una grande fonte di consumo della resilienza. Lo stress aumenta lo stato infiammatorio dell’organismo e abbatte le difese immunitarie. Evidenze scientifiche numerose indicano solitudine e isolamento come forte vettore di stress, così come ineguaglianza, ingiustizia sociale, precarietà, mancanza di lavoro, ignoranza, accaparramento di reddito e benefici. Tutte hanno un impatto umano fortissimo, consumano resilienza, producono malattia.

Porre queste problematiche fuori dalla nostra sfera di azione, considerarle immanenti, è un alibi all’ignavia. Come quando facciamo la spesa possiamo scegliere prodotti e filiere a basso impatto ambientale (per esempio possiamo comprare tubetti di dentifricio o pasta d’acciughe senza inutili confezioni), possiamo consapevolmente attuare comportamenti a basso impatto di resilienza, pro sistema immunitario e antinfiammatori.

Ecco quindi riformulata l’utopia 2021 post Covid:

promuovere la resilienza valutandolo l’impatto umano di ogni nostra azione

Questo significa migliorare lo stato di salute, non solo godendo del lavoro e dei vaccini altrui, ma assumendone le redini. Provare a pesare sulla bilancia dell’impatto umano i comportamenti quotidiani nel 2021, implementando quelli a minor impatto nella consapevolezza che il nostro stile di vita nostro non è, incide sul sistema e su tutti ricade. Dobbiamo rinunciare alla libertà illusoria che porta ad affermare che la testa è mia e posso andare in moto senza casco, perché se me la rompo tutti la pagano. Non è libertà il consumo privato della salute bene collettivo, è accaparramento di ricchezza a danno della maggioranza e si chiama furto.

Concludo con alcuni suggerimenti concreti, i primi che mi vengono in mente, ma chiedo contributi e integrazioni.

·        La rete ci ha resi tutti hub del flusso delle informazioni, anche quando siamo piccoli snodi. Dobbiamo sforzarci di valutare e selezionare la chiarezza e fondatezza di quanto contribuiamo a diffondere. Le tante fake circolanti, rilanciate spesso in buona fede, possono diffondere paure, incertezze, a volte produrre isolamento e stigma e di fatto incrementare il consumo di resilienza. Non fare uno sforzo di valutazione prima di diffondere è ad alto rischio.

·        Così come lo è riempire la rete di comunicazioni che nulla dicono di noi ma del nostro avatar. Solo apparentemente non produce un consumo di resilienza che va alimentata e promossa con vera vicinanza e valore solidale.

·        Siamo circondati da situazioni di disagio e isolamento. L’anziano isolato, il vicino in difficoltà consumano resilienza, l’ignorarli consuma. Anche se ci pare di poter fare molto poco siamo sicuri di non potere fare niente? Senza scadere nella retorica della Conad, siamo sicuri di non potere disseminare almeno gesti di vicinanza? A volte un semplice saluto invece di girare la testa, una piccola ma costante interazione serve molto.

·        Anche in famiglia, soprattutto con i bambini possiamo aumentare la quota di contatto, di cui oggi vi è molto bisogno per sopperire alle deprivazioni dell’emergenza sanitaria (su questo ho scritto molti post ai quali rimando).

·        Il negozio sottocasa certamente costa di più e non è competitivo con la grande distribuzione e questo fa una reale differenza per molte tasche, ma siamo sicuri di non potere aumentare, anche poco, la proporzione? La spesa nel negozio è anche coltivare e non erodere il tessuto sociale.

·        Aumentiamo la quota di interazione reale e fisica non soppiantandola con quella solo virtuale. Quest’ultima dovrebbe essere una aggiunta per dove non arriviamo, un territorio aggiuntivo; diventa invece una deprivazione infiammatoria se al posto di.

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PROFUMI E BALOCCHI IN ZONA ROSSA*

Gen 22

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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Profumi e balocchi in zona rossa *

di Alessandro Bianchi

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Profumi

Il circo dei regali tutti gli anni incombe per Natale. Lascia poco spazio al piacere e molto a corse, affanni e assembramenti. Quest’anno si aggiungerebbero gomitate dati i tempi ristretti, ma le regole sanitarie non lo permettono costringendoci a gentilezza forzata. Nelle finestre temporali anguste il mercato ci chiamano all’urgenza di concentrare il massimo della spesa nel minimo tempo. Potremmo approfittare dell’occasione “quest’anno è andata così, facciamo a meno!...”, ma temo che pochi riusciranno a resistere alle sirene.

Un rito divenuto dovere, un obbligo da assolvere, una convenzione sociale che poco rappresenta e comunica di noi; come l’offerta al re di un tempo (regalo è un termine spagnolo anticamente riferito ai doni dei sudditi). Per i non monarchici l’offerta è rivolta a familiari, amici, colleghi; non solo quelli simpatici, anche capiufficio e personaggi importanti della nostra cerchia. Guai a non portare un regalo se si va a casa di qualcuno, soprattutto nei giorni di festa. Se si porta qualcosa siamo invece a posto con la coscienza, non abbiamo fatto una brutta figura. Niente importa se il regalo sarà istantaneamente dimenticato e nella maggioranza dei casi rifilato altrove.

Manca in tutto ciò qualcosa di fondamentale che è invece l’essenza del dono, di cui l’oggetto regalato rimane scheletro, icona di cui si è perso il significato e la sostanza.

Come di un bacio sono scheletri quei bacetti formali, dove solo le gote si avvicinano tra loro e l’accenno di schiocco anche se prolungato in linea retta sfiorerebbe l’altro tangenzialmente, allontanandosi, senza alcuna promessa di vicinanza presente o futura.

Come di un augurio è scheletro l’espressione “Tante cose a lei e alla signora”, che non dice nulla di personale (nulla in assoluto in realtà), ma permette di non sbilanciarsi, evitando prudentemente di esporci, nell’allusa illusione di sottintendere chissà che.

Sono questi regali in sottrazione. Ciò che manca siamo noi.

Il donare è un atto di relazione che solo in essa può contenere un oggetto-regalo significante. Un regalo da solo è destinato alla pattumiera dei nostri rapporti umani. Perché donare crea legami: offro qualcosa di me in un tempo dedicato, un pensiero che è divenuto impegno e si è concretizzato in un gesto, con o senza oggetto fisico che lo rappresenti: Sei nella mia mente, in qualche posto nel mio cuore e a questa tua presenza in me ho dedicato tempo e idee. Non è tangente ma orbita convergente, magari a rischio di impatto (tu sei nella mia mente ma io potrei non essere nella tua); non è per non fare (brutta figura), ma per fare (qualcosa cosa che è nella specificità del rapporto).

Donando non ci si nasconde.

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Balocchi

Solo con i bambini la relazione è in genere meno tangenziale, maggiore l’intenzione di raggiungerli, anche se non scevra del rischio di essere parallela e pur essa di non incontrarsi mai. Dicono gli oracoli del commercio che quest’anno si regalerà meno ma si cercherà comunque di non far mancare ai bambini la loro dose. Dose di ché?

Anzitutto c’è poi la quota di regali utili. La tutina sotto l’albero, impara presto il bambino, è il consueto pegno da pagare per raggiungere gli altri pacchi più interessanti; durano giusto il tempo dello scarto (nel senso sia di eliminazione rapida che del tempo necessario a farli uscire dall’involucro e andare oltre).

Ci sono poi i giochi. Se corrispondono ai gusti il bambino li “scarta” una sola volta. Però anch’essi non sempre sono disinteressati, ma utilitaristici (un profumo per l’adulto): quando è così non consegniamo il giocattolo ai bambini ma i bambini a “giocattoli babysitter” e ce li immaginiamo buoni col loro balocco a giocare in autonomia, così stanno un po’ tranquilli e ci lasciano respirare. Speranza fatalmente frustrata perché l’autonomia dei bambini è limitata, in modo inversamente proporzionale all’età. Solo i giochi tecnologici (in particolare videogiochi e dintorni) permettono di superare i tempi fisiologici di attenzione e dare una parvenza di autonomia, ma è frutto della forza attrattiva fagocitante tipica di tali strumenti. Attenzione! è un doping dannoso che in realtà avviluppa, ferma i movimenti, chiude alle relazioni.

Sottratti i regali utilitaristici e quelli utili resta ancora in noi adulti spazio per un dono che riconfermi il legame affettivo in una esperienza di incontro?

I bambini vivono nella relazione sempre; in essa crescono, costruiscono se stessi, apprendono le capacità che saranno necessarie poi per affrontare la vita in autonomia. In questo percorso non possono o non dovrebbero essere lasciati soli.

Se recuperiamo il senso relazionale e comunicativo del dono-regalo noi adulti non possiamo sottrarci. Il bambino, più che del balocco, ha soprattutto bisogno di giocare con qualcuno: i familiari prima e altri poi. È una propedeuticità nei fatti: la vita si allarga dalle figure di accudimento verso le altre relazioni.

In queste festività gli altri (la vicinanza relazionale fisica e sensoriale) sono drasticamente limitati dai DPCM e lo sono stati in tutto l’ultimo anno di emergenza pandemica. Facciamo un po’ di conti: per un bambino di 2 anni 1 di semi isolamento costituisce la metà della sua intera esistenza. Il 50% della vita, che cala al 33% a 3 anni, al 25% a 4. Cavolo! Molti profumi e pochi balocchi per decine di migliaia di bambini. O nelle relazioni più prossime famiglia la proporzione si è invertita con un surplus di contatto fisico ed emozionale oppure nulla! Nel frattempo in questo anno l’evoluzione psicobiologica non si è fermata; il cervello dei bambini, in rapida crescita, si è abbeverato alle esperienze fatte ed adeguato a esse; è il suo compito che ha svolto egregiamente calibrandosi sulla realtà dei fatti per attrezzarsi a far fronte a un mondo socialmente distanziato. Su questa taratura affrontare le esperienze successive di una vita prevista pandemica. Dovrà ricredersi il cervello se la vita futura vorrà essere anche di prossimità e fiducia. Con queste premesse elevato è il rischio di zoppia permanente nella relazione con l’altro.

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In zona rossa i centri commerciali sono (finalmente) chiusi

Ma i giochi non sono fatti una volta per tutte: il cervello è duttile e nei bambini apprende ancora rapidamente. A noi adulti la responsabilità di contribuirvi in modo adeguato e l’opportunità questo Natale di fermarci a scambiare doni. Cerchiamo di concederci quindi una esperienza relazionale piena e profonda, fatta di balocchi, attenzione e tempo, soprattutto tempo: un tempo dedicato non frettoloso, partecipato in una gratificazione condivisa, nel quale starci dentro con emozioni, gesti, sguardi, espressioni e sensazioni corporee. Una sosta salutare anche per l’ansia pandemica.

Con queste premesse scegliamo così giochi da fare insieme e non per far giocare i bambini. Senza spirito sacrificale, ché non funzionerebbe, consideriamo anche i nostri gusti per poter partecipare non distrattamente ma divertendoci. E per una volta evitiamo giochi tecnologici che incentiverebbero l’isolamento già pericolosamente stimolato dalla pandemia.

* Chi ha passato i 50 anni forse ricorderà ancora di non aver potuto scansare una canzone che giungeva periodicamente ad ammorbare l’umore. “Profumi e balocchi”, scritta tra le due guerre e riciclata nel tempo da vari artisti. parla di infanzia abbandonata, di bambini lasciati soli, privati di attenzione e balocchi e destinati di conseguenza a fatale deperimento, consunzione e morte. Aldilà delle venature morali e sessiste del testo, comunica un fastidio ancora attuale: in un tempo in cui i non luoghi dei centri commerciali sono le piazze di non incontro della vita quotidiana, la luce delle vetrine eclissa i bisogni di fondo dei bambini. Che sono di tutti. Oggi la morte è inaridimento relazionale, rischio concreto per adulti e bambini, prima e dopo il Covid.

IDENTIFICAZIONE INVERSA UN METODO PER SUPERARE IL TRAUMA COVID-19 NEI BAMBINI PER NIDI E SCUOLE DELL’INFANZIA

Gen 22

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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IDENTIFICAZIONE INVERSA

UN METODO PER SUPERARE IL TRAUMA COVID-19 NEI BAMBINI PER NIDI E SCUOLE DELL’INFANZIA

Dr. Alessandro Bianchi, Dr.ssa Emilia Genta,

Psicologi psicoterapeuti, Istituto di Psicologia Funzionale di Firenze, SIPNEI Toscana

6 e più mesi di emergenza sanitaria sono la metà della vita per un bambino di 1 anno. ¼ per un bambino di 2. Nella fascia 0-6 il bambino compie gli apprendimenti psicobiologici alla base della regolazione delle proprie emozioni e delle proprie capacità di socializzazione.

Occorre evitare che gli effetti negativi della deprivazione relazionale e motoria che tutto ciò ha comportato, ed il clima di allarme conseguente e perdurante, rimangano nella vita a seguire.

· Come permettere ai bambini così piccoli di esprimere il trauma vissuto per permetterne un contenimento e un superamento?

· Come far loro superare le difficoltà conseguenti alle deprivazioni relazionali e motorie vissute?

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L’Istituto di Psicologia Funzionale di Firenze assieme a SIPNEI Toscana (Società Italiana di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia) ha elaborato una metodologia innovativa, utilizzabile in ogni contesto territoriale.

Consiste nell’adozione di un personaggio, come contenitore delle attività nella programmazione 2020-2021: Gatto Nando[1].

Gatto Nando è un gattino domestico, anche se molto autonomo come tutti i gatti. Anche lui ha subito la quarantena imposta dal virus: assieme ai suoi umani di riferimento ha dovuto abbandonare le proprie abitudine, lasciando il proprio mondo e andando a vivere, spesso in gabbia, in un luogo sicuro lontano da casa. Terminato l’isolamento finalmente torna nel proprio ambiente assieme ai suoi umani; ma non è un ritorno semplice: Gatto Nando è un po’ smarrito, ancora incerto e titubante, combattuto tra il desiderio di riprendere la propria vita di gatto e i timori che lo frenano. Forse è solo un po’ fuori allenamento e deve essere aiutato.

I’Identificazione inversa

Ai bambini viene dato il compito, guidato da Educatrici e insegnanti, di aiutare progressivamente Gatto Nando a riprendere la propria vita ordinaria, nelle fasi che scandiscono l’evoluzione del gruppo-sezione dall’ambientamento iniziale (settembre) in poi[2].

In questa fascia di età i bambini non sono ancora in grado di esprimere verbalmente i propri vissuti, che sono invece agiti negli atteggiamenti corporei e nelle modalità interattive.

Vedere gli effetti del trauma fuori di sé permette più agevolmente l’identificazione con il personaggio e le sue emozioni; prodigarsi per aiutarlo consente ai bambini di muovere le risorse psicocorporee necessarie per affrontare e sciogliere paure e timori.

Disponibile per tutti i Nidi e le Scuole dell’infanzia su:

https://health-elearning.it/corsi/programmazione-annuale-20-21-servizi-infanzia-0-6/

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La metodologia proposta supporta educatrici e insegnanti per l’intero anno educativo e didattico da settembre a giugno e garantisce la possibilità di un tutoraggio continuativo.

Tutte le attività proposte sono tese a favorire il massimo della relazionalità nel rispetto dei protocolli sanitari.

[1] Tratto da: Bianchi, A., Genta, E. (2020). Gatto Nando, La psicomotricità nella scuola dell’infanzia. Firenze: Giunti Edu.

[2] Di prossima pubblicazione: Bianchi, A., Genta, E. (2020).  “Osservare le Fasi della relazione nel gruppo”, in Scuola dell’infanzia. Firenze: Giunti Scuola

L’impatto psicomotorio dell’emergenza Covid-19 e la ripartenza dei servizi 0-6

Set 01

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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Alessandro Bianchi e Emilia Genta, Istituto di Psicologia Funzionale di Firenze. www.psicologiatoscana.it

L’emergenza Covid-19 ha deprivato i bambini di esperienze relazionali e motorie. Sono 2 facce della stessa medaglia. È con il movimento che il bambino interagisce con l’ambiente ed apprende quelle regolazioni neuroendocrine che sosterranno nella vita le capacità relazionali a base di salute e benessere. La programmazione delle attività nei Nidi e nelle Scuole materne dovrà in quest’anno eccezionale 2020-2021 centrarsi da subito sul recupero delle gamme motorie nella loro valenza emozionale e relazionale.

https://health-elearning.it/corsi/programmazione-annuale-20-21-servizi-infanzia-0-6/

Il movimento plasma lo sviluppo del Sé
È nota la relazione tra motricità e funzioni cognitive; come l’acquisizione delle categorie spazio-temporali e causali (incluse quelle delle strutture linguistiche), la conoscenza dello schema corporeo; evidenti i rapporti con l’apprendimento.
Meno noto è il legame con la relazionalità, che le conoscenze neuroscientifiche oggi rilanciano con forza. Capacità umane essenziali, come contatto ed empatia, comprensione del punto di vista altrui, fiducia e collaborazione, tolleranza alle frustrazioni, assertività, sono tutte basate su network psico-neuro-endocrino-immunologici complessi, tarati nel corso dell’infanzia e divenuti dotazione stabile nella vita adulta. Tutti vedono il movimento come componente essenziale.
Come nella dieta mediterranea nessuno degli elementi è più importante; lo è invece l’equilibrio, la proporzione tra gli alimenti, la loro integrazione in ricette variabili.
Ciò ha ricadute importanti per famiglie e scuola dell’infanzia, perché nei primi anni di vita l’assetto psicobiologico è ancora molto plastico ed è possibile, e ancora semplice, intervenire su eventuali squilibri.

L’impatto traumatico dell’emergenza sanitaria Covid-19
L’emergenza ha impattato negativamente e in modo traumatico sulle modalità motorie interattive deprivandone alcune e amplificandone altre. Tutte inevitabilmente inquinate da ansia e timori. Il necessario perdurare delle normative sanitarie rischia di mantenere attiva l’esperienza traumatica. Concreto è il rischio di effetti negativi a lungo termine, della cui prevenzione la programmazione educativa e didattica nei servizi0-6 dovrà prendersi cura con adeguate attività di bilanciamento.

Le gamme dei movimenti
Consideriamo 4 gamme di movimenti fondamentali. Ognuna composta da 2 polarità, quindi 8 tipologie. Ognuna sottende funzionamenti psicobiologici diversi che corrispondono ad esigenze umane differenti, ma tutte indispensabili. Ognuna è frutto delle esperienze che i bambini hanno vissuto nel corso dell’infanzia.

1. MOVIMENTI VELOCI-LENTI ovvero interagire con l’ambiente e le relazioni nella velocità e nella lentezza
I Movimenti Veloci supportano la rapidità di esecuzione. Sono le corse, gli scatti, i giochi che mettono alla prova i riflessi, quelli che portano a fare movimenti pazzi, disarticolati e buffi. Utilizzano sia la visione periferica sia quella puntiforme. Supportano il sentirsi in grado di effettuare rapidamente un compito, giocoso o necessario, anche imprevisto e di poter passare velocemente ad un altro contesto. Implicano processi cognitivi rapidi, capacità di scelte e decisioni spesso pre-riflessive e l’attivazione di processi endocrini adeguati.
I Movimenti Lenti sono quelli della calma, necessari per assaporare le esperienze nel tempo necessario: quando il bambino si sistema in braccio all’adulto rilassandosi, si prepara al sonno, o compie giochi poco dinamici, come pettinare e cullare un pupazzo. Supportano modalità non concentrate di attenzione. La visione è meno focalizzata, l’attivazione neurovegetativa è di tipo prevalentemente vagale, il pensiero è meno concentrato e procede più per immagini.
Effetti negativi emergenza Covid-19. I limitati spazi domestici hanno sicuramente mortificato i movimenti veloci. In casa non si può correre, sperimentare la velocità di tutto il corpo sino in fondo, non c’è molto spazio prima del prossimo muro! l’eccesso di fruizione passiva di tecnologie digitali, amplificato durante l’isolamento, ha fatto poi il resto. Visioni di programmi, video giochi, comunicazioni virtuali, hanno incentivato in modo squilibrato l’uso veloce di parti limitate del corpo (occhi e mani in particolare). I movimenti lenti, se inquinati da un clima di ansia direttamente respirato in famiglia, si stemperano della caratteristica piacevolezza, facendoli divenire guardinghi, pervasi da allarme sottile.

2.     MOVIMENTI MORBIDI – DURI ovvero interagire con l’ambiente e le relazioni nella morbidezza e nella durezza
I Movimenti morbidi sono quelli della delicatezza, anch’essi nella calma. Nella relazione sostengono la possibilità di interazioni tenere, legate al contatto nella sua valenza nutriente e rassicurante. Sia per ricevere che per intervenire attivamente nelle relazioni di vicinanza con noi stessi, con l’ambiente e con l’altro. Una carezza è un movimento morbido. I processi di vigilanza e controllo sono allentati, il tono muscolare più lieve, i vissuti emozionali di tranquillità. Morbidi sono anche i movimenti nell’abbandono e nella fiducia.
Il Movimenti duri sono invece più contrappositivi, sostengono la convinzione del poter dire di no, arginando e contrastando altre forze, senza farsene travolgere. Supportano l’assertività, il far valere una propria posizione su altre. Qui gli stereotipi di genere ancora colpiscono: spesso nei maschi la gamma è spostata sui movimenti duri, viceversa per le femmine.
Effetti negativi emergenza Covid-19. I movimenti morbidi, molto legati alla tenerezza e al contatto, per quanto presumibilmente non deprivati nell’isolamento domestico, sono carichi di timore nella relazione con esterni alla famiglia. Le regole del distanziamento sociale rischiano di rimanere come paura del contatto, che invece è base per la costruzione di legami positivi nel Nido e nella Scuola dell’infanzia.
I movimenti duri e contrappositivi sono stati invece deprivati dalla mancanza di occasioni relazionali per attuarli oltre a quelle interne alla famiglia, soprattutto con i pari (o monopolizzati dalle bizze).
Le due polarità, come tutte, sono connesse: se sono possibili movimenti morbidi di contatto, allora anche gli “scontri” saranno possibili senza strascichi di conflittualità e timori di rotture irreparabili.

3.     MOVIMENTI LEGGERI-PESANTI ovvero interagire con l’ambiente e le relazioni nella leggerezza e nella pesantezza
I Movimenti leggeri permettono di inserirsi “sottovoce” nei contesti ambientali e relazionali, facendosene permeare e assaporarli senza doverli modificare. Il movimento leggero è spensierato; nella relazione è prerequisito al farsi portare dall’altro, abbandonandosi alla guida altrui. Possono essere sia ampi che piccoli, ma non rigidi.
I Movimenti pesanti all’altra polarità della gamma supportano la possibilità e volontà di lasciare una traccia nell’ambiente, di interagirvi modificandolo. Sono movimenti di visibilità e assertività, costitutivi del nucleo della propria forza, non tanto nella valenza contrappositiva quanto nella consistenza percepita che i venti della vita non faranno volare via come una foglia. Non è solo immagine di sé, ma sensazione concreta e reale, agita, visibile nella postura, nella voce, nel tono muscolare, nel pensiero, nell’emozione.
Effetti negativi emergenza Covid-19. I movimenti pesanti, della forza e dell’incisività sono quelli maggiormente deprivati. Devono poter essere anche rumorosi, cosa spesso disdicevole in ambito domestico, soprattutto in un clima di stress. Lo stress inquina però anche i movimenti leggeri, privandoli, come per i lenti, della rilassatezza piacevole.

4.     MOVIMENTI AMPI-PICCOLI ovvero interagire con l’ambiente e le relazioni nell’ampiezza e nella piccolezza
I Movimenti Ampi permettono una interazione con lo spazio allargato, la possibilità di occuparlo maggiormente e prendervi possesso. Sono i movimenti “dell’andare oltre”. Il bambino li utilizza nei gesti grandi, nei salti, nelle corse e in molti giochi. Includono l’uso forte della voce, le grida e gli schiamazzi. Utilizzano maggiormente la visione periferica e del contesto, la possibilità di guardare lontano e in una visione d’insieme. Supportano senza soluzione di continuità la fiducia nella propria visibilità, l’assertività, il poter prendere possesso, senza ansia, anche di uno spazio relazionale nel quale produrre un effetto, lasciandovi un segno anche a distanza.
I Movimenti piccoli sostengono la capacità di focalizzarsi in modo concentrato, sui particolari. Utilizzano la manualità sottile e i movimenti oculari rapidi e focalizzati, mentre il contorno visivo, la visione periferica rimane in secondo piano. Sono utilizzati per i disegni piccoli e minuti, nei puzzle, nei giochi con le dita, nelle costruzioni, nei percorsi a slalom. I movimenti piccoli supporteranno la lettura e la scrittura e molteplici attività che richiederanno in tutta la vita attenzione e precisione.
Effetti negativi emergenza Covid-19. I movimenti grandi, così come quelli ampi e veloci, sono stati deprivati dall’isolamento domestico. Anch’essi comprendono un uso forte della voce, spesso limitato a casa. Per loro natura hanno bisogno di spazi aperti e orizzonti motivazionale ampi.
I movimenti piccoli, molto stimolati, hanno rischiato invece una ipertrofia, anche per l’uso delle tecnologie digitali e la predilezione di attività e giochi piccoli e concentrati.

“ALLARME PSICOPEDAGOGICO NELLA RIPARTENZA EDUCATIVA E DIDATTICA”

Lug 05

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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Ho appena lanciato la petizione “ALLARME PSICOPEDAGOGICO
NELLA RIPARTENZA EDUCATIVA E DIDATTICA” e vorrei sapere se puoi darmi una mano aggiungendo la tua firma.

Il mio obiettivo è raggiungere 100 firme a ho bisogno di maggiore sostegno. Puoi saperne di più e firmare la petizione qui:

http://chng.it/hsjwQyx5

Grazie!
Alessandro Bianchi

la programmazione 2020/2021 nei servizi 0/6

Giu 25

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: corso di formazione 0/6

Commenti disabilitati su la programmazione 2020/2021 nei servizi 0/6

L’emergenza Covid-19 ha deprivato i bambini di esperienze motorie e relazionali indispensabili per un corretto sviluppo. La pratica del distanziamento sociale rischia di mantenere un allarme per la vicinanza fisica in controtendenza con i bisogni evolutivi.

L’anno educativo-didattico 2020/2021 nei servizi 0-6 è una occasione unica e irripetibile per bilanciare gli effetti negativi dell’epidemia.

Abbiamo preparato un corso, scaricabile online, che offre un percorso di programmazione fruibile in ogni struttura e contesto territoriale. Frutto dell’esperienza degli autori e della storia dell’Istituto di Psicologia Funzionale di Firenze, si basa sulle conoscenze scientifiche più recenti, garantite dalla collaborazione con la SIPNEI (Società Italiana di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia) Toscana. Costituisce un accompagnamento pratico per educatrici/ori di Nido e insegnanti di Scuola dell’infanzia in tutte le fasi che scandiscono l’evoluzione del gruppo bambini da settembre a giugno. È inoltre offerto un costante servizio di tutoraggio.

Scaricabile online sulla piattaforma He! www.health-elearning.it 

Per informazioni:

 

La ripartenza educativa 10 La sottovalutazione del rischio educativo e la sopravvalutazione di quello infettivo

Giu 24

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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La ripartenza educativa 10

La sottovalutazione del rischio educativo

e la sopravvalutazione di quello infettivo

Sono state diffuse ieri le ultime anticipazioni sulle direttive per la riapertura a Settembre dei servizi 0-6. Le norme non prevedono l’uso della mascherina (obbligatoria dai 6 anni), ma norme di distanziamento sociale (da capire come applicarle nei bambini piccoli!), lavaggi frequenti con dispenser dislocati in punti strategici, orari scaglionati di entrata e uscita, riduzione dei gruppi e fasce orarie, utilizzo preferenziale di spazi aperti e incerte regole per i pranzi. Le mascherine sono invece per gli adulti, con l’aggiunta di guanti e altri dispositivi di protezione.

Sarà molto complicato gestire i servizi da settembre!

Il rischio concreto è che l’attenzione prevalente sia di fatto monopolizzata dal rispetto delle norme, a discapito dell’attenzione educativa e didattica.

Dopo 6 mesi di deprivazione di esperienze fondamentali di socialità, i bambini avranno di fronte altri mesi di allerta su quello che è il principale elemento di sviluppo in salute e benessere: la relazione. Mentre il rischio infettivo nei bambini è basso (studi alla mano) è certo il danno della deprivazione relazionale, se non vissuta pienamente in tutte le sue dimensioni affettive e psicomotorie (studi alla mano). È cultura psicopedagogica diffusa. 

In questo contesto culturale di avvio di millennio la fiducia, il piacere della scoperta dell’altro, la tolleranza, la solidarietà, l’empatia, già sono capacità pericolosamente erose; grazie al clima socio economico e agli stili, sempre più tecnologici e indiretti, di comunicazione.

Cosa succede se depriviamo 1milione di bambini per oltre 1 anno di interazioni libere? 

Un anno per un bambino è un tempo lunghissimo. Come vissuto e come sviluppo del Sé.

È in gioco non solo la salute individuale, ma quella sociale.

Le norme sanitarie debbono essere rispettate. Questo punto è inequivocabile.

Ma all’interno del loro panorama obbiettivo primario deve essere quello di ricostruire il massimo della vicinanza, pur nel perdurante distanziamento.

È prioritario che educatori, insegnanti, psicologi, pediatri (non dico politici perché il tempo è scarso) si parlino, per costruire una programmazione educativa e didattica 2020-2021 adeguata all’eccezionalità del momento. Settembre è alle porte e i bambini devono fare urgentemente molte cose, oltre che lavarsi le mani.

LA RIPARTENZA EDUCATIVA DOPO IL COVID19 9 . AVVICINAMENTO SOCIALE

Giu 24

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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LA RIPARTENZA EDUCATIVA DOPO IL COVID19

9 . AVVICINAMENTO SOCIALE

Il DISTANZIAMENTO SOCIALE è ancora in atto, lo è nelle prove ripartenza educativa outdoor e lo sarà presumibilmente ancora a settembre. Dovrebbe (è un auspicio ma anche un monito)  rimanere come comportamento eccezionale, misurabile solo in centimetri e limitato nel tempo, non divenire caratteristica emozionale della relazione.

Ne andrebbe del benessere e della salute a lungo termine dei bambini; con ricadute sociali oltre che individuali.

Il lungo lockdown ha determinato inevitabilmente timori nella vicinanza con l’altro, che rischiano di permanere anche dopo la sua conclusione con effetti negativi nello sviluppo del Sé.

Le regole di distanziamento con cui dobbiamo convivere per un tempo ancora indeterminato rischiano a loro volta di sostenere i timori e stabilizzarli; anche nei bambini più piccoli, che il lockdown aveva paradossalmente “protetto”, risparmiando loro, con la reclusione domestica, le ansie della vicinanza.

È prioritario che i massimi sforzi, in particolare nella fascia 0-6. Nido e Scuola dell’infanzia, siano profusi per favorire invece, nel rispetto delle regole, il MASSIMO DELLA VICINANZA, utilizzando la ricchezza tutti i canali della relazionalità nel gruppo; che non si misurano col metro.

LA RIPARTENZA EDUCATIVA DOPO IL COVID19 8 . DALLA PARTE DELLE INSEGNANTI

Mag 22

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Psicoterapia funzionale

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8 . DALLA PARTE DELLE INSEGNANTI

La quasi totalità di chi lavora nei Nidi è femmina, la stragrande maggioranza nella Scuola dell’infanzia. La maggior percentuale di lavoro al femminile dopo le suore.

Su di loro sta per abbattersi l’onda lunga della tempesta Covid: la gestione inedita degli effetti della pandemia nei bambini. Vi arriveranno ferratissime sulle normative igieniche sanitarie e dovranno scervellarsi tra nuovi regolamenti. Nulla o quasi nulla su come gestire corpi ed emozioni traumatizzati, che sarà lavoro quotidiano di tutto l’anno per schiene femminili.

In più Settembre non seguirà rilassanti vacanze e non partiranno con il piede giusto, esso stesso (il piede) affetto da dolori post-traumatici. Come la mattina dopo una notte insonne.

Dopo la notte insonne anche noi maschi non avremo una bella faccia a Settembre, ma andremo perlomeno a lavorare in luoghi a maggior produzione di reddito (mica tutti! Anzi sempre meno, ma la proporzione non cambia) in quota percentuale inversa a quella “rosa”. Per le donne bambini e calzini in piena continuità Scuola-Famiglia.

In effetti la Scuola non è una impresa molto redditizia, è solo un investimento umano per lo sviluppo in salute e benessere. Roba da donne. Atlante era maschio.

LA RIPARTENZA EDUCATIVA DOPO IL COVID19 7 . MUOVERSI PERCHÉ?

Mag 22

by Istituto di Psicologia Funzionale Firenze

In: Asili nido, Formazione, Paura, Seminari e convegni

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7 . MUOVERSI PERCHÉ?

Da questa mattina ci rimettiamo in movimento. 

Per motivi di lavoro, ludici ed anche educativi.

Non riaprono ancora le scuole, forse i Nidi a Giugno, ma aprono i giardini e la possibilità di svolgervi attività educative definite outdoor education.

Un gran parlare di come regimentare i movimenti e mantenere le distanze. Poco di come e quali movimenti riaprire, dopo le deprivazioni dell’isolamento, che nei bambini sono sempre relazionali. 

Il bambino non ha bisogno di fare ginnastica astratta, ma di collocare tutta la sua esperienza sensomotoria in un orizzonte motivazionale.

Deve imparare che quella corsa serve per raggiungere qualcuno, quell’altra corsa per fuggirvi, quell’altra ancora per arrivare prima di, o per mostrare il proprio talento, per cercare consolazione nelle braccia di…

Il senso relazionale non è solo nel pensiero consapevole, spesso marginalmente, ma nel modo di attivazione convergente di processi emozionali, neuroendocrini e motori.

Ogni tipo di corsa ne richiede uno.

Tra 0 e 6 anni il bambino apprende, nelle esperienze relazionali, schemi psicobiologici integrati che utilizzerà poi nei vari tipi di corsa della vita.

Quali sono i processi che l’isolamento ha intoppato e che dovremmo, da oggi, riaprire outdoor?

Su questo abbiamo da riflettere.

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