Un gioco conclude questo ciclo di post.
L’adulto è seduto comodamente. Gambe e braccia allargate costituiscono lo spazio del recinto, qui “scatolino”. Dentro il bambino (anche 2 o 3) in piedi cercherà di uscirne. Ma le porte (braccia e gambe) sono mobili e dispettose. Appena il bambino accenna a fuggire si chiudono repentinamente cingendolo in un abbraccio stretto. Reiteratamente.
Il ritornello accompagna la scansione dei momenti in tempo reale, lento o accelerato in funzione della rapidità delle azioni: “Scatolino aperto.., scatolino …chiuso!”. La chiusura repentina, acchiappa il bambino al volo che cerca di fuggire dal varco.
Si possono aggiungere a piacere varianti, piccoli dispetti. Come lo “scatolino col pizzicorino”,
Non è una prigione di sicurezza. Se il bambino riesce a scappare state certi che tornerà dentro per reiterare. L’essere acchiappato, sentire una forza maggiore piena contenente e un tempo dedicato a sé è il piacere massimo.
Dovrebbero essere così anche a scuola, che prima o poi riaprirà.
Un recinto è bello perché protegge in uno spazio dedicato.
Un recinto è bello perché permette di uscirne e rimane lì a disposizione per quando ne tornerà il bisogno.
Ovviamente il recinto non è sovranista.
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